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domenica 30 novembre 2014

Il relativismo personalistico, la politica ed il denaro.




Ogni cosa è relativa a se stessi e non in assoluto. Se fosse assolutistica, infatti, sarebbe un imposizione di sé o proveniente da terzi. 
Se io amassi calzare solo sandali, qualcuno avrebbe qualcosa da ridire perché probabilmente influenzato da un pensare comune. Il relativismo personalistico ci insegna a liberarci di ciò, per affrontare la quotidianità con sano ottimismo e forza interiore per poter calzare, comunque, i nostri sandali.
Questa dottrina ci aiuta a raggiungere la nostra libertà interiore glabra da influenze politiche o sociali. Siamo noi che determiniamo noi stessi all'interno del mondo e non facendoci pilotare da condizionanti provenienti da terzi soggetti.
I relativismo personalistico trasforma il nostro essere in un individuo pensante, in grado di prendere delle decisioni, a volte anche controtendenza, ma sempre relativamente ai nostri bisogni ed alle nostre necessità. Comprese le scelte della vita comune che, devono essere assorbite da questa dottrina per poi sfociare realisticamente nella sovranità popolare.
Se io sono il padrone (soggetto attivo) della mia vita e non lo schiavo (soggetto passivo) della vita di altre persone, agisco per autodeterminare le mie scelte relativisticamente a me e non in contrapposizione con il mio prossimo.
La moltiplicazione di questa teoria genera, appunto, la sovranità del popolo, ovvero la titolarità di scelte libere e consapevoli, nel rispetto dei bisogni e delle necessità di una comunità. E non scelte oligarchiche generate dal desiderio di aumentare o fortificare il potere dei padroni.
In più, il relativismo e la condivisone di sé ci aiutano, in questo percorso, a non essere sedotti dal denaro o dalla ricchezza. 
Queste dottrine sono necessarie per porre sé al centro del nostro universo, ed a non santificare e privilegiare i beni materiali che ci inducono, solamente, a raggiungere scialbe manifestazioni di opulenza personale. 
La ricchezza od il denaro non servono a vivere una vita migliore ma, semmai, ad aumentare le preoccupazioni per poterlo ottenere con maggiore facilità, od in quantità sempre più cospicue. Il tutto per poter poi soddisfare il bene comune. Ho denaro e quindi devo spenderlo per emulare stereotipi diffusi dai media o dalla società tutta.
Il denaro è stato, fin dall'antichità, fonte di discordia e di insoddisfazione personale nel desiderio di moltiplicarlo rapidamente e, mentre ci dimentichiamo di noi stessi e del nostro essere, dal quale ci facciamo condizionare anche involontariamente. Noi siamo la fonte della nostra vita e non siamo, per origine riflessa, ciò che abbiamo, o vogliamo ostentare nella ricerca di una migliore apparenza rispetto agli altri.
Il relativismo è un concetto fondamentale per raggiungere il Compos sui, perché permette, nel vivere la nostra vita, che ogni azione o comportamento che poniamo in essere relativamente alla nostra singola persona, deve essere in conformità con il resto del mondo.
Nulla può essere determinato in assoluto od ancor peggio imposto in assoluto da terzi soggetti. La libertà è proprio la nostra facoltà necessaria di condividere questa esperienza, che è la vita, in relazione con il mondo. 
Nessuno potrà mai rubarci la nostra libertà, potrà semmai oscurarla o altrimenti rendercela meno evidente, ma per essa dovremo sempre essere pronti a combattere perché, essa stessa, è l’unica nostra fonte inesauribile di vita.
Quindi libertà anche dal denaro.. Quest'ultimo non può e non deve essere in grado di schiavizzarci, non può toglierci la libertà o illuderci di donarcela quando siamo noi stessi ad aver creato questo strumento.
E’ come se costruissimo una macchina e poi ci facessimo controllare da essa, come degli automi della nostra creazione. E’ come se il creatore fosse controllato dalla sua creatura..
Noi attraverso il nostro essere, la nostra forza psicologica, le nostre capacità od abilità, costruiamo ciò che ci serve, ma dobbiamo ricordarci sempre che, siamo noi che non dobbiamo perdere il controllo. Mai.
In verità, anche il nostro apparato statale è stato costruito da noi e per noi. Ma ora da esso ci facciamo controllare perché siamo, incatenati dalla politica.
Chi ci governa è felice delle nostre discordie interne come popolo, derivanti dall'appoggiare schieramenti politici diversi. I nostri governati scelgono appositamente di suddividere la politica in partitismi o schieramenti o coalizioni, purché per il popolo ci sia sempre una scelta. Il motivo è semplice, alimentare la divisione.
E' più facile comandare, controllare e distrarre un popolo diviso piuttosto che un popolo coeso. Siamo distratti dal teatrino della politica, senza accorgerci dell'essenza della nostra vita in comune. Non ci rendiamo conto più, nemmeno, dei nostri diritti perché siamo preoccupati dei nostri doveri. Anche il diritto di voto è stato trasformato dai nostri politicanti in dovere civico di partecipazione.
Per arrivare alla piena padronanza di noi, dobbiamo, quindi, essere glabri da queste infamanti posizioni e dobbiamo ripudiare le illusioni che ci propongono.
Dobbiamo abbracciare la nostra natura di esseri umani, il nostro diritto di partecipazione alla comunità, per riscoprire i caratteri veri ed essenziali del nostro essere uomini. E non schiavi.
Non farti governare..Credi in te stesso.



sabato 29 novembre 2014

La libertà di condividere sé stessi




Condividere vuole dire accettare se stesso libero da ogni limite di proprietà. Ogni cosa che si ha non la si possiede ma la si condivide.
I bambini a scuola condividono i loro giochi. Ma se li scambiassero, sarebbero i genitori ad essere contrari ed andrebbero a fortificare i concetti di proprietà personale dei figli. Per i bambini gli oggetti sono cose da condividere per giocare, per i genitori sono proprietà da non scambiare ma da tutelare come la propria casa, il cibo.. ecc..
La libertà, così, si annulla in favore del proprio egoismo non condivisionale. Ed il nostro essere piano piano si riempie mentre la nostra libertà si svuota di significato, ingrassando il nostro vivere nei compromessi e nelle regole. Infatti, laddove c’è un diritto c’è un dovere..
Ho il diritto di avere una casa ma ho il dovere di pagare le tasse sulla mia proprietà. Perché?? Se è mia..? allora è tanto meglio non avere il diritto sulla mia casa perché in questo modo non avrò il dovere di pagare qualcun altro per abitarla. 
Il mondo mi da ciò di cui ho bisogno.
Io non ho nulla e quindi non ho doveri. Ho solo desideri che realizzo tutti i giorni e che nessuno può impedirmi di raggiungere.
Spesso gli opposti si attraggono, il niente con il tutto, il bianco con il nero e la mancanza con la presenza. La mancanza di un dovere mi da la presenza di un diritto. In questo caso, il diritto di non dover nulla. Ma questo nulla, a sua volta, lascerà lo spazio al tutto della mia esistenza.
Noi siamo ciò che scegliamo di essere, non ciò che gli altri vogliono che noi siamo. Un giorno parlai con un mental coach che mi disse che, se qualcuno cerca scuse mentali (come le tasse sono troppo alte.. Dove vanno a finire i nostri soldi..) per non pagare le tasse, ha la mentalità dell’evasore. Rimasi in silenzio e ricordo che pensai: che fortuna che ho..questa persona non la sto pagando per questi stracci di consigli.
In verità, il buon contribuente è uno schiavo del sistema che, non si chiede mai il motivo del suo contributo ma, solamente, contribuisce senza lamentarsi. Infatti, anche lo schiavo non si ribella, perché ha paura delle frustate.
Se il contribuente si domandasse dove finiscono i SUOI soldi e conseguentemente si rispondesse da solo, sicuramente diventerebbe un evasore. Semplicemente perché, al momento i suoi soldi finiscono nelle tasche di persone che dovrebbero lavorare per la comunità ma che, pensano solamente a rimpinguare sempre di più le proprie bisacce.
Oggi, le nostre tasse, che dovrebbero essere intese come una sorta di "spese di gestione" della nostra comunità, sono più simili a dazi che vanno sostenuti per permettere alle cerchie ristrette di nostri dittatori di sostenere le loro vite d'orate.
Condividere vuole dire manifestare la propria libertà ed allo steso modo manifestare il proprio rifiuto a queste scelleratezze.
Condivido ciò che ho per non essere dipendente da nulla e da nessuno, sono libero ed in quanto tale posso scegliere il mio destino e la mia vita senza vincoli di sorta.
Condividere vuole dire usare insieme, scambiare, partecipare e sviluppare situazioni, sentimenti. Condividere vuole dire, anche, affrontare le difficoltà della vita attraverso il sostentamento degli altri.
Questo termine, ha un significato molto ampio, infatti condividere sé sta proprio a significare come un individuo debba ricercare di vivere la propria vita attraverso la vita degli altri, lasciando che gli individui esterni a sé possano vivere l’esperienza della propria libertà attraverso la condivisione di noi e la ricerca della fratellanza.
La comunanza o comunità è proprio questo, vivere una vita in comune con altri, facendo proprie le esperienze altrui ed altrui le proprie.
Attraverso questo incontro si genera la condivisione di sé e si manifesta la propria libertà di vivere il proprio essere.
Nessuno deve vivere, incastrato e soggiogato in uno schema piramidale al di sopra di noi, utile solo per controllarci, comandarci o schiavizzarci. Noi siamo milioni di schemi monolivello, dove ognuno vive assieme ed accanto all’altro, dove la condivisione e coniugazione dei desideri o delle necessità trova il suo epilogo nel risultato a volte personale, a volte comune.
Dobbiamo vivere attraverso il nostro desiderio libero di realizzazione, abbandonando per sempre schemi di gerarchizzazione e controllo, laddove, sempre, la nostra sovranità popolare viene contaminata e corrotta.
Al contrario, siamo noi che dobbiamo costruire e tutelare la nostra sovranità popolare, per condividerla attraverso la nostra libertà personale con ognuno di noi.
Dobbiamo essere come un virus che si propaga e contamina cellule vicine, trasferendo il proprio animus a quella successiva. Nello stesso modo dobbiamo trasferire questo nostro diritto alla partecipazione alla res publica, attraverso la libera condivisione di noi nella comunità.
Per questi motivi ogni singola persona dipende da qualsiasi altra nella costruzione di sé all’interno del mondo. Ogni persona deve raggiungere personalmente il proprio compos sui ovvero la propria piena padronanza di sè. La capacità di gestire ed armonizzare se stesso nella realtà del nostro tempo, per trasferire poi questa conoscenza agli individui attorno a sé.
Senza mai far dipendere le proprie azioni da soggetti imposti che pretendono, con l’arroganza del potere di controllare le vite degli uomini.
Gli schiavi vivono così, alle dipendenze di un padrone che punisce i loro errori e non cura le loro capacità o volontà di non più ricommetterli.
La padronanza di sé o compos sui è più di uno stile di vita è la capacità di creare la propria vita in un’armonia di significati attorno a noi che, ci mutano, rafforzano, assecondano ma sempre ci permettono di creare noi all'interno di uno schema comune.

Non farti governare.. Credi in te stesso.



venerdì 28 novembre 2014

Il Desiderio non è la Speranza




Il desiderio fa parte del nostro intimo essere, desiderare è parte di noi, desiderare fa parte di noi, desiderare vuol dire vivere. Purtroppo ci insegnano fin da bambini a non desiderare ma, al contrario, a sperare perché i sogni non costano nulla. Una bella auto, un bel PC, un bel compagno od una bella compagna. Ma quando la speranza si tramuta in realtà concreta e nel non raggiungimento della nostra speranza, la felicità anelata diventa sconforto, depressione, stress. 
D’altro canto se fossimo una scatola vuota ricca di desideri ma non di speranze, il nostro io ci indicherebbe la strada per raggiungere, attraverso la nostra libertà e quella degli altri, il desiderio. Si provi a pensare, per un momento, se un bambino volesse prendere una palla sopra un mobile e vedesse che vicino c’è una sedia.. cosa farebbe?
La risposta più ovvia è: avvicinerebbe la sedia al mobile per salirci sopra e prende la palla.. Benissimo, ed il bambino avrebbe raggiunto il proprio desiderio.
Ma soffermiamoci un attimo sulla realtà e proviamo a pensare al caso nel quale invece, il bambino venisse aiutato dai propri genitori (come nel 90 % dei casi al giorno d'oggi), la situazione genererebbe un risultato differente.
In questo modo si procederebbe a favorire il riempimento di una scatola, attraverso una esperienza esterna, limitando così la libertà di autodeterminazione di un individuo in crescita, riempiendo di oggetti la sua scatola e facendo, contemporaneamente, fuoriuscire la propria libertà.
Il desiderio è il mirino del nostro fucile, attraverso il quale siamo in grado di prendere la mira per raggiungere il nostro obbiettivo. E’ il cavallo che trascina il nostro calesse, attraverso lo sforzo del quale possiamo raggiungere il nostro obbiettivo.
Desiderare, infatti, ci induce a combattere per ottenere, mentre sperare ci sostiene nell’attendere.
Ma se il bambino cadesse..? qualcuno potrebbe pensare..
E se il bambino non cadesse? Rispondo io. Se la sua capacità di autodeterminazione lo aiutasse a raggiungere il suo desiderio? Se invece l' aiuto esterno lo portasse a capire che ogni suo desiderio è una speranza e viene esaudita dall’ intervento di un terzo? O peggio limitata dal volere di un altro?
Nascerebbe il germe della schiavitù dell'essere.
In realtà, per non essere schiavi è necessario prima di tutto, essere consapevoli della nostra condizione sociale ma, allo stesso tempo, non farla propria se non la si condivide. 
La libertà è proprio questo, rinunciare alle proprie catene.. 
Rinunciare per volontà propria, per fede.. 
Rinunciare alla propria schiavitù sociale.
In verità se ognuno si spogliasse di ciò che ha, desidererebbe solo ciò che gli è necessario. La libertà rende vivi e ricchi del proprio essere.
Se io non possiedo nulla cosa posso desiderare se non ciò che mi serve? 
Invece, quando ho ciò che voglio, posso sperare di ottenere il superfluo ed è li che mi aspetta l’imposizione statale ed è in quel preciso momento che mi stringe le catene.
E' nel momento in cui si è più deboli che si riceve il colpo più duro. 
E quindi non dovremo essere deboli, non dovremo essere complici, non dovremo essere spettatori silenti difronte a questi retaggi sociali che, ci sostengono nella nostra cieca obbedienza.
Dobbiamo essere noi maestri dei nostri codici, orfani dei nostri oppressori e giudici dei nostri desideri.
Dobbiamo riscoprire il nostro essere liberi, indipendenti e spogli di ciò che si possiede, per poter desiderare di raggiungere la nostra piena padronanza di sé dove la libertà è un dono che ci siamo guadagnati. 
Non farti governare.. Credi in te stesso


martedì 25 novembre 2014

Libertà personale o schiavitù sociale.


La libertà è la più primitiva forma d’amore verso se stessi, è la propria personale fonte di autodeterminazione.
Un uomo normalmente, oggi, nasce libero. 
Un neonato infatti, quando viene al mondo è come se fosse una scatola vuota che i genitori in primis ed il resto della società in secundis, riempiono quotidianamente con regole e dettami necessari a colmare questa scatola. Se un contenitore è vuoto e viene riempito lo spazio libero al suo interno, quest’ultimo diventa spazio occupato e anche l’aria tende ad uscire per favorire l’ingresso di altri oggetti. 
Nel bambino è uguale. 
Ciò che interiorizza come insegnamento dall’ esterno espelle o limita la libertà naturale che è dentro di sé.
La libertà non deve essere conquistata, deve solo essere riscoperta, dentro di noi. La nostra personale libertà ci permette di autodeterminarci. Se ho fame mangio, se ho sete bevo, ma se avessi fame e qualcuno mi obbligasse a non mangiare, allora sarei privato della mia libertà di autodeterminazione.
Per la verità, nella nostra società, si impara a perdere la propria libertà in favore di beni definiti superiori che, spesso, sono le regole per il bene comune o del prossimo.
Si limitano le proprie azioni per permettere che anche gli altri possano vivere ed alimentare le proprie. I limiti, quindi, sono le pareti della nostra scatola e gli oggetti sono le informazioni che occupano la nostra dimensione interiore. Più regole ed informazioni od esperienze altrui ci sono, meno libertà personale esiste. Per cui la scatola, come la nostra vita interiore, risulta piena di altro e vuota di noi.
Facciamo un esempio.. un bambino libero a tavola si alzerebbe volentieri durante ogni portata parchè stanco di stare seduto. Sono i genitori che lo obbligano a sedersi perché, altrimenti, se tutti i bambini facessero in questo modo, in un luogo di ritrovo i pargoli farebbero confusione e disturberebbero le chiacchiere degli adulti oppure il lavoro di altri.
Viene limitato il noi in favore del piacere di tutti, per cui il noi o l’io si svuota nel nostro essere, per favorire il bene comune.
Ma, il bene comune non può essere raggiunto attraverso la limitazione delle nostre libertà, altrimenti questi comportamenti produrrebbero, come di fatto fanno, un elemento di distorsione della libertà personale e quindi una insoddisfazione introspettiva postuma. Ovvero, una insoddisfazione personale generata da una esterna limitazione imposta, a favore di un bene che non riconosciamo come nostro perché, appunto, imposto.
La libertà si raggiunge solo attraverso la mancanza di dipendenza. Attraverso la regressione alla nostra primordiale scatola vuota. I sentimenti od i desideri devono affiorare attraverso la pace e la tranquillità. Attraverso il non possesso e la fratellanza, per raggiungere prima il vuoto e poi il tutto del nostro mondo.
Se ci pensiamo un attimo insieme, ogni cosa ci opprime: dalle tasse, ai debiti, alle proprietà, alle relazioni, fino ai sentimenti. Dobbiamo svuotarci rovesciando la scatola, facendo uscire tutto ciò che abbiamo dentro, riscoprendo noi stessi ed i nostri intimi desideri laddove niente e nessuno può ostacolarci. Sono le cose che abbiamo che ci incatenano l’anima, ma la chiave delle nostre catene è dentro di noi.
Semplicemente dobbiamo liberarci di ogni cosa. Di tutto ciò che abbiamo. Per smetterla di essere schiavi della nostra società. Per riscoprire il nostro intimo essere.
Oggi possedere qualcosa vuol dire essere schiavi di qualcosa di diverso. Sembra una stranezza ma è la realtà. Se io domani acquisto una bella macchina, il giorno dopo devo pagare il bollo. Ma perché???? Io non ho già acquistato la mia auto?? Ecco la schiavitù del nostro essere, ecco le catene della nostra vita. Perché devo pagare per possedere?? Allora tanto vale non desiderare di acquistare un’auto e non acquistarla, meglio allora nutrirsi del necessario e condividere il superfluo.
Oggi l’uomo è abituato a possedere ogni cosa, anzi, in più, spesso, è convinto che più possiede più è ben visto nella società, più è gratificato da questo suo benessere. Mentre invece per ogni cosa posseduta, non sa, che toglie un anello alle sue catene.. fino a quando non diventeranno strette al muro.
Il possesso si trasforma infatti in schiavitù, più possiedo e più sono costretto a nascondere per non dividere ciò che possiedo con la comunità. Attraverso tasse, lasciti, opere di carità, beneficenza, donazioni ecc..
Ma in verità ciò che possiedo è mio, e se è mio non devo dividere ciò che è nella mia disponibilità se non è una mia libera scelta di farlo. 
Invece, nella nostra società non possiamo possedere qualcosa mantenendola libera da un interesse altrui, semmai dobbiamo nasconderla. Questo, però, non è un concetto sociale ma di estrema imposizione.
Ancora una volta, la mia libertà viene limitata, in questo caso dal mio possesso. Ovvero il mio libero possesso, non è libero se non nei limiti imposti da terzi e quindi la mia libertà di possedere qualcosa o nel possesso di qualcosa viene sempre limitata dal volere della comunità statale. Schiavitù.

Non farti governare.. Credi in te stesso..