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venerdì 28 novembre 2014

Il Desiderio non è la Speranza




Il desiderio fa parte del nostro intimo essere, desiderare è parte di noi, desiderare fa parte di noi, desiderare vuol dire vivere. Purtroppo ci insegnano fin da bambini a non desiderare ma, al contrario, a sperare perché i sogni non costano nulla. Una bella auto, un bel PC, un bel compagno od una bella compagna. Ma quando la speranza si tramuta in realtà concreta e nel non raggiungimento della nostra speranza, la felicità anelata diventa sconforto, depressione, stress. 
D’altro canto se fossimo una scatola vuota ricca di desideri ma non di speranze, il nostro io ci indicherebbe la strada per raggiungere, attraverso la nostra libertà e quella degli altri, il desiderio. Si provi a pensare, per un momento, se un bambino volesse prendere una palla sopra un mobile e vedesse che vicino c’è una sedia.. cosa farebbe?
La risposta più ovvia è: avvicinerebbe la sedia al mobile per salirci sopra e prende la palla.. Benissimo, ed il bambino avrebbe raggiunto il proprio desiderio.
Ma soffermiamoci un attimo sulla realtà e proviamo a pensare al caso nel quale invece, il bambino venisse aiutato dai propri genitori (come nel 90 % dei casi al giorno d'oggi), la situazione genererebbe un risultato differente.
In questo modo si procederebbe a favorire il riempimento di una scatola, attraverso una esperienza esterna, limitando così la libertà di autodeterminazione di un individuo in crescita, riempiendo di oggetti la sua scatola e facendo, contemporaneamente, fuoriuscire la propria libertà.
Il desiderio è il mirino del nostro fucile, attraverso il quale siamo in grado di prendere la mira per raggiungere il nostro obbiettivo. E’ il cavallo che trascina il nostro calesse, attraverso lo sforzo del quale possiamo raggiungere il nostro obbiettivo.
Desiderare, infatti, ci induce a combattere per ottenere, mentre sperare ci sostiene nell’attendere.
Ma se il bambino cadesse..? qualcuno potrebbe pensare..
E se il bambino non cadesse? Rispondo io. Se la sua capacità di autodeterminazione lo aiutasse a raggiungere il suo desiderio? Se invece l' aiuto esterno lo portasse a capire che ogni suo desiderio è una speranza e viene esaudita dall’ intervento di un terzo? O peggio limitata dal volere di un altro?
Nascerebbe il germe della schiavitù dell'essere.
In realtà, per non essere schiavi è necessario prima di tutto, essere consapevoli della nostra condizione sociale ma, allo stesso tempo, non farla propria se non la si condivide. 
La libertà è proprio questo, rinunciare alle proprie catene.. 
Rinunciare per volontà propria, per fede.. 
Rinunciare alla propria schiavitù sociale.
In verità se ognuno si spogliasse di ciò che ha, desidererebbe solo ciò che gli è necessario. La libertà rende vivi e ricchi del proprio essere.
Se io non possiedo nulla cosa posso desiderare se non ciò che mi serve? 
Invece, quando ho ciò che voglio, posso sperare di ottenere il superfluo ed è li che mi aspetta l’imposizione statale ed è in quel preciso momento che mi stringe le catene.
E' nel momento in cui si è più deboli che si riceve il colpo più duro. 
E quindi non dovremo essere deboli, non dovremo essere complici, non dovremo essere spettatori silenti difronte a questi retaggi sociali che, ci sostengono nella nostra cieca obbedienza.
Dobbiamo essere noi maestri dei nostri codici, orfani dei nostri oppressori e giudici dei nostri desideri.
Dobbiamo riscoprire il nostro essere liberi, indipendenti e spogli di ciò che si possiede, per poter desiderare di raggiungere la nostra piena padronanza di sé dove la libertà è un dono che ci siamo guadagnati. 
Non farti governare.. Credi in te stesso


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